Vi siete accorti che la bolletta dell’acqua è aumentata?
Però da Giugno a Settembre Borgotaro è senza acqua...
Nel 2011 si fece una grande campagna contro la vendita dell’acqua ai privati, cosa che, naturalmente, era fuori dal mondo.
Nessuno ha mai supposto di privatizzarla, ma di privatizzarne la gestione.
A sostenere la gestione pubblica c’era il Partito Democratico in testa.
Il Centro Destra non seppe da che parte appigliarsi, com’è suo costume quando si tratta di reclamare il voto su delle cose e delle idee, anziché su sigle e nomi.
Così prese corpo l’insanabile contraddizione: da una parte sembrava che tutti detestassero le gestioni e le nomine politiche, dall’altra si volle che l’acqua restasse nelle mani della politica e dei suoi nominati.
Le società variamente pubbliche che, in Italia, gestiscono l’acqua sono 1.600.
Uno sproposito.
Di queste 350, hanno ottenuto l’aumento delle tariffe: +3,9% nel 2014 e + 4,8 nel 2015.
Così l’inflazione non la crea la crescita della ricchezza, ma la sua decrescita a favore delle tariffe amministrate.
La domanda è: le altre 1.250 società hanno rinunciato all’aumento?
No, è che non hanno neanche presentato i dati minimi di bilancio.
Non si sa quanto investono, quindi non si può disporre l’aumento delle tariffe.
1.250 società, variamente pubbliche, non hanno compiuto adempimenti elementari che, se si trattasse di privati, in ogni altro settore, provocherebbero l’arrivo della Guardia di Finanza.
Le 350 chiedono un aumento perché dicono di dovere fare investimenti nella rete che, per ironia della sorte, fa “acqua” ovunque.
Mentre l’impresa privata, che giustamente mira al profitto, fa investimenti per aumentare la redditività della rete, quella pubblica i soldi degli investimenti li chiederà ai cittadini.
Eccoci, appunto.
Mentre nel concedere a privati la gestione della rete di distribuzione si deve stabilire, in partenza, quali saranno gli investimenti che sono tenuti a fare e quale sarà il quadro tariffario in cui dovranno muoversi, quando si passa alle società pubbliche la musica cambia, perché sono amministrate da amministratori politici, quindi se hanno bisogno di soldi chiedono che siano presi dalle tasche dei clienti.
All’Autorità per l’energia, il gas e l’acqua dicono: era necessario aumentare le tariffe, perché sono decenni che non s’investe nelle reti.
Bravi, ma perché questo non lo si disse agli elettori, nel 2011?
Era chiaro che così sarebbe andata a finire.
Tutta questa questione dei “beni comuni” e delle cose che devono restare in mano al pubblico, quindi in mano alla politica e ai partiti, perché così si evita l’avidità dei privati, serve solo a far da alibi all’insaziabile bisogno della macchina pubblica di chiedere denaro ai cittadini.
Nella nostra provincia il servizio idrico integrato mangia soldi, ora in mano alla società partecipata Montagna 2000, secondo i calcoli ha portato ad aumenti delle bollette di oltre il 300 per cento, con il rischio ulteriore per i Comuni di dover contribuire in futuro a ripianare il debito di 20 milioni di euro della società.
Ricordo comunque, all’unione dei Comuni, che anche le società in house sono soggette al fallimento, ultimo riferimento legislativo “sentenza 13 ottobre” Tribunale di Palermo con la quale i giudici ne concludono, in sintonia con la Cassazione, che una società che ha per oggetto lo svolgimento di un’attività commerciale nelle forme previste dal Codice civile deve essere assoggettata a procedura fallimentare, indipendentemente poi dall’effettivo esercizio dell’attività stessa.
La società acquista così la qualifica d’imprenditore commerciale già dal momento della costituzione.
Credo sia doveroso chiedere che si proceda al disboscamento delle società, alla loro chiusura, e alla stipula di convenzioni che obblighino agli investimenti, pena la perseguibilità degli amministratori.
Sarebbe già qualcosa...
(Ricordatevi che anche quest'anno da giugno a settembre Borgo Val di Taro è rimasto a secco di acqua grazie alla mala gestione politica di montagna 2000)
Nel frattempo continuando a spendere inutilmente soldi aspettiamo o il fallimento o il prossimo referendum.
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